Il Rugantino è una rivista in dialetto romanesco fondata nel 1848.
«Cor cappello a du’ pizzi, cor grugno lungo du’ parmi, co’ ‘na scucchia rivorta in su a uso de cucchiaro, co’ ‘no spadone che nu ce la po’ quello del sor Radeschio, e co’ le cianche come l’arco de pantano, se presenta, signori mia, Rugantino er duro, nato in de ‘sto castelluccio e cresciuto a forza de sventole perché cià avuto ‘gni sempre er vizio de rugà e d’arilevacce! Ficcherò er naso dove nun sta bene a mettecelo, a costo puro si me l’avessero da acciaccane. Le botte nu’ me fanno paura perché so’ avvezzo a pijalle e a dà, pe’ ricevuta, tant’antre chiacchiere!».
Con questa presentazione, il 13 settembre 1848, vide la luce il primo numero del “Rugantino”, diretto da Odoardo Zuccari. La concessione da parte di Pio IX dello statuto fondamentale, che apriva l’era del governo rappresentativo e concedeva per la prima volta uno spazio alla libertà di stampa, fece sì che, insieme con il “Rugantino”, una miriade di altri giornali invadesse Roma. Ettore Veo, nella sua Roma popolaresca, edita nel 1929, ne cita più di una trentina e tra i più battaglieri ricorda: il “Minimpippo”, “Pasquino”, “Il Pappagallo”, “Cassandrino Vero”, il “Don Pirlone”.
Questi periodici, oltre alla felice intuizione di servirsi del dialetto per diffondere nuovi programmi e nuove idee, ebbero il merito di farsi interpreti delle istanze popolari sulla carta stampata, facendo decadere l’usanza di apporre foglietti manoscritti a ridosso delle statue parlanti di Roma. Tuttavia le aperture liberali del papa ebbero breve durata e il “Rugantino”, come gli altri fogli politici romani del 1848, dopo pochi numeri fu costretto a sospendere le pubblicazioni, con grande soddisfazione degli ambienti reazionari e del clero, che lo accusavano di essersi schierato apertamente a favore della Repubblica Romana e lo consideravano un pericoloso foglio giacobino. Del resto un periodico che aveva scelto dichiaratamente di riferirsi a quello stesso Rugantino che era stato di “Ghetanaccio“, con le sue caustiche frecciate che nulla risparmiavano al governo dell’epoca non poteva non abbracciare una linea editoriale non-governativa. Perché le pubblicazioni del “Rugantino” potessero riprendere bisogna arrivare alla breccia di Porta Pia e alla conseguente caduta del potere temporale.
Contemporaneamente risorsero anche numerosi altri giornali che riprendevano vecchie testate, con i quali il “Rugantino” entrò in piena dialettica. Già nell’ottobre 1870 uscirono la “Nuova Roma” e il “Don Pirlone”, seguiti a ruota dal clericale “La Frusta”, diretta da Carlo Marini, che riportava i versi romaneschi di Filippo Tolli, Scipione Fraschetti, Pietro Durantini e Alfredo Posta, contro i «buzzurri», cioè i piemontesi calati a Roma con le truppe italiane. Nel 1871 uscirono “Pasquino”, “La Lima” ed altri periodici dalla vita effimera; nel 1877 il “Romano di Roma”; nel 1880 Capitan Fracassa, fondato da Luigi Arnaldo Vassallo e Raffaele Giovagnoli, con poesie dialettali di molti poeti romaneschi, tra i quali Cesare Pascarella; nel 1882 “La Fornarina”, con Augusto Sbriscia e Giggi Zanazzo; nel 1883 “Marforio”.