Non era la prima volta che si sbagliava. La presidenza della camera – con l’apporto decisivo degli uffici – già in due occasioni aveva preso per buoni calcoli fantasiosi sulle presenze dei deputati; e una volta nello stesso infortunio era incorsa la presidenza del senato. In termini sportivi, adesso la camera batte il senato con un tondo tre a uno. Non si conoscono invece dati ufficiali sullo scontro verbale e fisico tra i due principali contendenti che sulla clamorosa svista della presidenza hanno innescato la miccia per trasformare l’aula dei dibattiti in un chiassoso ring; ma l’esito (presunto proprio come, in condizioni normali, il numero legale) può per ora attestarsi su un risultato di parità. Di sicuro c’è uno sconfitto, sempre più malconcio: il bon ton o, come si diceva, il fair play parlamentare.
Anche il lessico mantiene le posizioni. Gli epigoni del nuovo stile coloriscono i fraseggi con espressioni angiportuali offerte all’attenzione dell’inclito rampollo di uno dei maggiori studiosi della lingua italiana, che tra l’altro si era insediato nel più alto seggio di Montecitorio eliminando vecchi aggettivi e uniformando al maschile i superstiti sostantivi. Tutto inutile: nei momenti che contano, quando la passione politica travolge ogni inclinazione alla pacatezza, prendono il sopravvento quelle parole che nessun purista oserebbe mai includere nel suo patrimonio semantico, anche se il più scurrile neologismo leghista è entrato di prepotenza nel dizionario con tutta la sua carica evocativa. Non troppi anni fa un grande corsivista, riferendosi a un ministro del tempo decisamente negato per le metafore, inventò l’inizio di una nuova era geologica detta «triviale». Credevamo fosse una battuta: oggi siamo indotti a constatare che era realtà.
Lillo S. Bruccoleri
Dal Rugantino di martedì 3 ottobre 1995