Nella novantaduesima edizione degli Oscar del 2020, per la prima volta dall’introduzione del sonoro, la statuetta come miglior film è andata ad un film in lingua straniera, il thriller sudcoreano del cineasta Bong Joon-ho intitolato «Parasite».
Quest’anno, gli Oscar hanno ben poco di statunitense. Basti pensare che la metà dei dieci finalisti per il premio al miglior film ha una provenienza estera, almeno in parte.
Impossibile stabilire se questa sorta di inconscia reazione anti-statunitense sia correlata al «revanscismo» nazionalista caratterizzante il secondo mandato del presidente Trump oppure a una più generale apertura e attenzione estetica a storie universali che abbattano i confini territoriali.
Per la prima volta nella storia, due dei film in concorso: il musical drammatico francese «Emilia Pérez» diretto da Jacques Audiard e il film biografico-politico brasiliano di Walter Salles «Ainda Estou Aqui» (in italiano, «Io sono ancora qui») hanno doppia nomination, sia per miglior film internazionale che per miglior film.
Il thriller religioso-politico di coproduzione britannica e statunitense «Conclave», diretto dal regista tedesco Edward Berger, non ha molto di americano, fatta eccezione per alcuni straordinari membri del cast in ruoli da non protagonista quali Stanley Tucci e John Lithgow.Il thriller-horror «The Substance», di coproduzione francese, britannica e statunitense, appare in gran parte il parto creativo della giovane regista, sceneggiatrice e coproduttrice francese Coralie Fargeat.Infine il sequel di fantascienza «Dune: Part Two», benché sia di produzione statunitense, reca la forte impronta canadese del regista, cosceneggiatore e co-produttore Denis Villeneuve, nato e cresciuto artisticamente in Québec.Stesse osservazioni valgono per i cinque finalisti per il miglior lungometraggio d’animazione, di cui tre hanno provenienza estera: «Flow» (in italiano, «Flow. Un mondo da salvare»), film indipendente in stile naturalistico, a 24 fotogrammi per secondo (fps), privo del tutto di dialoghi, che candida per la prima volta la Lettonia anche a miglior film internazionale; «Memoir of a Snail», favola dark australiana in stop-motion, e «Wallace & Gromit: Vengeance Most Fowl» («Wallace e Gromit. Le piume della vendetta»), girato anch’esso in stop-motion, che prosegue le avventure dell’inventore Wallace e del cane senziente Gromit, che si annovera sicuramente tra i più amati duo comici britannici.
Non resta che attendere il verdetto e augurare che vinca il migliore!
Valerio Viale
* Anteprima da Los Angeles nel dialetto nazionale
Nella foto: Emilia Pérez (Karla Sofia Gascòn)
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